mercoledì 5 marzo 2014

8 Marzo.

Per molti  l’8 marzo è l’anniversario di alcune donne morte in una fabbrica nel 1908 in America che, poichè protestavano per i loro diritti, furono chiuse dentro dal loro padrone e morirono bruciate vive. Le versioni su questa storia furono le più disparate, ma nessuna vera.


A ripercorrere la storia di questa Giornata internazionale delle donne - e non Festa, come ha voluto trasformare la società consumistica - c’è un libro, non molto recente ma ancora di grande attualità. Si chiama :

“8 Marzo. Una storia lunga un secolo” 
 ed è stato scritto a quattro mani da Tilde Capomazza, femminista e programmista televisiva,  e Marisa Ombra, ex partigiana e vicepresidente nazionale dell’ANPI.

Le due donne ricostruiscono, anche grazie al contributo e alla testimonianza di molte altre donne, un secolo d’impegno femminile, con il tentativo di restituire dignità ad una giornata molto importante per la società, una giornata che però sempre più spesso viene etichettata ad un rito consumistico, fatto di frivolezza e nulla più.
Svelano poi alcune tradizioni, come quella della mimosa, simbolo della protesta, un fiore scelto nel 1946 quando l’UDI - Unione donne italiane - si trovò ad organizzare la prima manifestazione in un Italia appena uscita dal dopoguerra. 

“A noi giovani romane vennero in mente gli alberi coperti di fiori gialli[…] pensammo che quel fiore era abbondante e, spesso, disponibile senza pagare”. 

Ci sono poi tante ricostruzioni storiche, molte davvero rilevanti, come il fatto che non fosse in realtà basata su alcun dato certo la convinzione comune che Clara Zetkin, nel 1910, avesse scelto l’8 marzo per ricordare le famose operaie americane morte due anni prima, mentre ci sono invece molte fonti che provano che la data dell’8 marzo l’abbia fissata la Conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 per ricordare una manifestazione di donne con cui si era avviata la prima fase della rivoluzione russa”.
  
...Insomma, una giornata che è molto più che un ramo di mimosa e un’uscita con le amiche, e che dovrebbe essere un momento di riflessione e di importante valenza politica e sociale, dal quale partire per costruire giorno dopo giorno la società e da tramandare da madre in figlia.

Recensioni NON in prosa.

 
Mi stai leggendo e parlo in modo diverso
cambia il ritmo, arriva prima il capoverso.
Questa non è la solita prosa, esatto
lo spazio occupato dalle parole appare contratto.
Non sono matta, non c’è esaurimento
se le frasi procedono nel suono per accoppiamento.
È che ho voluto tirar fuori la rima
che con una musica diversa t’imprima
Ecco dei titoli la cinquina
per la recensione di questa settimana. 
 
 
Parliamo basso
Bukowski. Alla signora Lynne Bronstein che aveva scritto una lettera indignata al L.A. Free Press per ciò che lo scrittore v’aveva pubblicato, sostenendo che “la poesia è una forma d’arte. Come tutte le forme d’arte è soggettiva e non ha organi sessuali”, Bukowski rispondeva: “Non so le sue poesie Lynne, ma le mie hanno” tutti gli attributi del mondo (diciamo con altre parole). Sono d’accordo. E così vorresti fare lo scrittore ne è una prova.

Italiano con tutti gli attributi poetici a posto è Guido Catalano. L’anno di nascita è il 1971, la città è Torino, dove tiene spesso reading che nulla hanno a che fare con la noia (se è la noia la prima cosa a cui, mi dicono, si pensa, se s’osa pronunciare l’espressione “reading di poesia”) e che mi chiedo cosa aspetto ad andare a vedere e sentire. Piuttosto che morire m’ammazzo.

Altro poeta italiano, sentito poco nominare ma è uno dei migliori: Carlo Bordini. Che ha in comune questo, con Bukowski e Catalano: ama il linguaggio comune, il cosiddetto linguaggio basso, che basso non è per niente in quanto a qualità. Anche quel linguaggio ha completa dignità. Cos’altro ama Bordini? L’innovazione, la distruzione di ciò che è diventato tradizione.


Poesia in prosa
Ora prosa che s’impiccia di poesia. Il romanzo Il segreto del poeta è di P.G. Kien, che è lo pseudonimo di Paolo Galloni,che è storico. Di che parla ‘sto romanzo? Di un poeta di qualche secolo fa, nientemeno che Chrétien de Troyes, che si fa un bel viaggio, tra le terre e tra gli amori e tra vecchi cantori. È divertente, ci sono le falsità che immagino trovi anche tu ancora oggi, e non c’è un attimo di tranquillità.

Chiudiamo con Un uomo di passaggio. L’autore è un poeta, questo libro è un romanzo. Ben Lerner ha messo su il racconto piuttosto autobiografico di un giovane che vince una borsa di studio per giovani poeti e finisce in Spagna. È un poeta che finge e che mente, e che non s’accende, lui, che da poeta ci si aspetterebbe invece avesse sensazioni amplificate e approfondite: “provavo una specie di euforia per quella improvvisa incapacità di provare emozioni”.

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