mercoledì 19 marzo 2014

Mio papà si chiama Alberto.

Nato il 29 Settembre 1955, alto circa 1 metro e 70 centimetri, capelli un tempo biondo scuro, ora toccati dal grigio. Occhi azzurri, occhi grandi, corporatura medio-robusta, è un pò fuori forma, da quando non so più ormai quanti anni fa si comprò una piccola palestra casalinga che staziona tuttora in cantina. Cuoco per hobby. Amante dei cani e delle moto. Persona poco calma, ma razionale, con forte volontà di comprensione. Se devo pensare a quel che più m’ha dato col guardarlo in più di  30 anni la prima cosa che mi viene in mente è il senso pratico che mi manca.

.. Vi ho parlato in breve di mio padre, Alberto. E l’idea me l’ha data la festa del 19 marzo. Quella del papà, esatto.



Padri d’altri tempi
Fosse vissuto in altro tempo, mio padre, non sarebbe stato credo così gioviale e comprensivo. A quanto ci dice Storia della paternità di Quillici, che non a caso è fondatore e presidente dell’Istituto degli Studi Paterni, per molto la figura del padre fu quella di un’autorità dura come il ferro. Poi che è successo, com’è cambiata? E che padri son stati certi grandi della Storia? Per dire, Rousseau, che senti spesso associato a moderna pedagogia, i figli li lasciò in un orfanotrofio.
Stessa relazione non proprio felice con la prole, nel Quadro nero, ce l’ha Goya il pittore, che per la personalità particolare che ebbe s’è visto tributare omaggi da artisti d’ogni tipo. Come appunto il poeta e pittore polacco 34enne Dehnel, con questo romanzo a tre voci, di figlio in figlio. Il titolo originale è un altro, ènSaturn, e questo dovrebbe dirci qualcosa: il dio Saturno i figli che gli nascevano se li mangiava (e Goya c’ha fatto un quadro).


In Cosa resta del padre? non sono i figli a scomparire, ma i padri, in una loro precisa sfaccettatura assunta nel tempo. Il Padre che detta Legge e dice innanzitutto: “No” ha finito i suoi giorni. “Un padre non si limita a frenare il godimento, ma autorizza anche al desiderio”. E se c’è una cosa che non deve scordare è che lui non può sapere, che “educare è un mestiere impossibile”, e deve farsi carico di quest’impossibilità. Ce lo dice Recalcati, che va a ficcare il naso anche tra i padri romanzati.



Padri di peso
Un pezzo non da 90 ma da novantamila: I fratelli Karamazov. Se parlo di padri e padri-figli non posso lasciarlo innominato. Chi è il padre qui? Fëdor Pàvlovic Karamàzov, “non solo il tipo d’uomo abietto e dissoluto, ma anche dissennato”. Che gli succede? Viene ammazzato. Chi è stato? Tra i figli i moventi abbondano. L’ultimo libro di Dostoevskij è pure un po’ un giallo, è un pezzo di mondo che portò Freud a volerlo vedere dal punto di vista del suo mestiere: ci scrisse il saggio Dostoevskij e il parricidio.

Infine, Kipling. Conosci la poesia If, nota a noi come Lettera al figlio


“If you can keep your head when all about you/ Are losing theirs and blaming it on you;/ If you can trust yourself when all men doubt you,/ But make allowance for their doubting too” 

 Da padre Kipling scrisse non solo questa poesia ma pure una raccolta di racconti, le Storie proprio così che raccontò alla figlia primogenita, affinò raccontandole agli altri figli e ai figli di altri e infine fissò sulla pagina, con tanto di disegni. È un libro per bambini? Non solo, perché è Kipling.

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