giovedì 2 ottobre 2014

Recensioni 'vergognose' ...




Vergogne personali

Avevo 7 anni: acquisto alla Prénatal indotto in tutti i modi dalla genitrice (assumo un termine freddo per il risentimento che ancora per il fatto le arreco): una pelliccia sintetica FUCSIA che mi dava le sembianze di una sfera pelosa. Me ne vergognavo fino all’agonia. 
 Non è una pelliccia ma un cappotto il pretesto del bel romanzo di Adrián Bravi 'Restituiscimi il cappotto'. E non è un cappotto di cui vergognarsi, anzi, è un cappotto che mantiene in vita.


Altra vergogna degli anni passati, di quand’ero ragazzina alle medie: scoprii sul mio naso durante una gita scolastica un ENORME BRUFOLO
(*ricordo ancora esattamente l’istante in cui per caso ci passai il dito sopra e ne presi coscienza).  
'La giornata del naso rosso' è il primo libro tradotto in italiano di un bravo poeta finlandese, Mikko Rimminen. È un romanzo, che porta la signora Irma a non vergognarsi di piombare in casa di sconosciuti e fare domande bislacche: “Dunque, sono Irma (…) – Irma, Ufficio ricerche di economia domestica”. Vergogna attuale: parlare in inglese in pubblico. È la pronuncia di cui mi vergogno. Non ha problemi né con il pubblico né con la pronuncia Leda, che è insegnante di letteratura inglese, ma di vergogna ne ha un’altra: ha lasciato le figlie col padre e… si sente meglio! Può una madre stare meglio senza i figli? (Oddio, forse qualcuna direbbe pure: eh, magari per qualche giorno…). Elena Ferrante nella 'Figlia oscura' orchestra benissimo l’interiorità di questa donna, fino a farle fare un gesto assurdo, che potrebbe sembrarti ridicolo.
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Vergogne comuni

Ora una vergogna che abbiamo in comune, una vergogna diffusa
Palesare i propri sentimenti
Ora, dove questa vergogna non c’è, sono i 18 quadretti che in 
'Felici i felici'  Yasmina Reza 
affianca per parlare della coppia, consapevole che “non riesci a capirla una coppia, neanche quando ne fai parte”. I personaggi che via via prendono le parola ti riversano addosso di tutto, mentre leggi, la vergogna non è un freno all’espressione. Come il buon vecchio Philip Roth vuole che sia:
 
" La vergogna non fa per gli scrittori. Devi essere senza vergogna. Ciò non significa che devi essere osceno, folle (…) Dico solo che la vergogna non funziona. (…) Provo vergogna come chiunque altro. Solo che, quando scrivo, sono libero dalla vergogna."
 
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